Una redazione in cerca d’autore: August Sander

August Sander

“La fotografia è come un mosaico che diventa sintesi solo quando viene presentato in un insieme”

August Sander è uno tra i più influenti fotografi del novecento, ritrattista molto legato al concetto della fotografia strumento d’indagine sociale che, pertanto, dev’essere il più fedele possibile alla realtà.

Sander nasce il 17 novembre 1876 a Herdorf, in Germania. Segue dapprima le orme del padre, armatore nelle gallerie minerarie, lavorando come operaio nelle stesse miniere. Fu qui che ebbe il primo contatto con la fotografia, quando fece da assistente ad un fotografo incaricato di riprendere uno dei pozzi.

Dopo aver studiato pittura a Dresda, nel 1902 apre il suo primo studio fotografico, dove fotografa l’emergente classe media metropolitana. Una volta acquisita una solida fama di fotografo commerciale, si discosta dalle tecniche proprie dell’estetica pittorialista in voga in quel periodo, optando per un tipo di ritrattistica che esalta le qualità descrittive e documentarie del mezzo fotografico.

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Negli anni ’20 a Colonia, unitosi al Gruppo degli Artisti Progressivi, ha inizio il suo progetto di realizzare un ritratto della società contemporanea attraverso una serie di ritratti, una sorta di enciclopedia per immagini dell’uomo del XX secolo.

August Sander indaga scrupolosamente tra gli abitanti del suo Paese. La scelta dei soggetti si concentrò principalmente sulle figure rurali come i contadini, ma non per ragioni estetiche bensì per questioni sociologiche. Si trattava di soggetti appartenenti ad un mondo, quello rurale, sempre meno diffuso, sempre più diretto verso l’estinzione. L’intento di Sander è stato quello di mostrare questo mondo e catturarlo attraverso la fotografia, affinché ne rimanga una testimonianza fedele prima che scompaia definitivamente.

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Uomini del XX secolo è un’antologia visiva dei tipi sociologici che compongono la Germania. Oltre al citato mondo contadino: muratori, pasticceri, filosofi, banchieri, politici e via via tutta la società. Ognuno è descritto meticolosamente: per il suo abbigliamento, per il suo atteggiamento, per l’ambiente che lo circonda. A ognuno è data l’attenzione più alta, la dignità del proprio ruolo nella società.

Annullata la propria identità, ognuno diventa il prototipo dell’iconografia moderna, ma allo stesso tempo testimone della diversità che compone la società. Infatti, nella fotografia di Sander l’interesse non è mai stato rivolto al singolo bensì alla società, tant’è vero che raramente si riscontra l’introspezione del soggetto stesso attraverso lo sguardo e l’espressività.

Rimasto fedele ad una fotocamera di grande formato  (nonostante l’invenzione della Leica), Sander ha scattato su negativi di vetro e con tempi di esposizione lunghi. Questo gli ha permesso di catturare i minimi dettagli dei volti dei soggetti ritrattati. I ritratti di August Sander non cercano alcuna sperimentazione o teatralizzazione attraverso la luce e la composizione. Infatti, i soggetti vengono, spesso, ritrattati al centro dell’inquadratura, frontalmente, con lo sfondo fuori fuoco. Importante è la cattura solo dell’essenziale, attraverso una tecnica abbastanza ripetitiva.

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I volti fotografati da Sander nascondono un profondo turbamento, frutto di un momento storico, caratterizzato dalla perdita di fiducia e da un senso di angoscia, riflesso delle ferite inflitte dalla prima guerra mondiale e il dramma della successiva crisi economica. 

Con la sua lunga indagine August Sander dimostra quanto sia vario il popolo tedesco, composto da una eterogeneità che non può essere accettata dal regime nazista. Il nome del fotografo tedesco viene incluso nella lista degli artisti “degenerati”. Le immagini costituivano, infatti, un manifesto in estrema antitesi con la purezza e la bellezza della proclamata razza ariana, in quanto ritraevano uno accanto all’altro il tedesco, l’ebreo, lo zingaro, il comunista, il rivoluzionario.

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Come conseguenza, nel 1936, l’opera “Facce del nostro tempo” sarà sequestrata e molte delle lastre originali distrutte. Sander fu toccato nel profondo e proprio quest’atto diede nuova forza al fotografo che cominciò a immortalare i volti degli ebrei perseguitati.

Nel 1942 Sander si trasferisce in campagna con quanto resta del suo archivio, il suo studio crollerà sotto i bombardamenti su Colonia del 1944. Ancora oggi ciò che è giunto fino a noi del suo lavoro rimane uno dei progetti più interessanti della Storia della Fotografia.

Nel 1951 lo Stadtmuseum di Colonia acquista l’intero archivio delle sue vedute cittadine. Lo stesso anno della sua morte, il 1964, riceve il premio alla cultura della Deutsche Gesellschaft für Photographie. Nel 1969 il Museum of Modern Art di New York gli dedica una grande retrospettiva.

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