M.I.F. 2021 Settima Edizione

Merate Incontra la Fotografia giunta quest’anno alla settima edizione, è lieta di presentare una ricchissima offerta di appuntamenti riguardanti la fotografia e non solo

Infatti non mancheranno serate di proiezioni, e appuntamenti con l’autore che completeranno l’offerta culturale dell’edizione 2021. 

La nostra manifestazione vanta quest’anno sinergie di pregio e alto spessore, hanno collaborato Roberto Mutti, Luigi Erba, Fondazione 3M, Associazione Montagna Italia per citarne alcuni.

Merate Incontra La Fotografia 2021 vede ancor di più la sinergia e la collaborazione tra FotoLibera e Ass.Passione Fotografia Galbiate che lavorando fianco a fianco e utilizzando le rispettive competenze hanno imbastito un percorso organizzativo non indifferente, consapevoli che solamente una stretta collaborazione può finalizzare un progetto cosi importante, fruibile gratuitamente dalla cittadinanza che anno dopo anno edizione dopo edizione partecipa con  sempre con più assiduità e passione a M.I.F. 

Ringraziamo la Città di Merate, La Provincia di Lecco per il patrocinio concesso, e F.I.A.F. per il riconoscimento della manifestazione, 

Luciano Ravasio e Dario Acciaretti Presidenti di FotoLibera e Ass. Passione Fotografia Galbiate

Vai al sito dedicato a M.I.F 2021

 
logo-PF-16th-768x183 M.I.F. 2021  Settima Edizione

M.I.F. 2021  è inserita nel grande circuito che è PHOTOFESTIVAL MILANO

dal 16.09-31.10 2021La natura e la città. Segni di un tempo nuovo

La 16a edizione della rassegna annuale di fotografia d’autore organizzata da
AIF – Associazione Italiana Foto & Digital Imaging propone dal 16 settembre
al 31 ottobre 2021 un programma di 150 mostre fotografiche diffuse nel
territorio metropolitano milanese e in alcune province limitrofe, per
promuovere la cultura dell’immagine.
milanophotofestival.it

 

CINEMA E FOTOGRAFIA IL TEMA DELLA SETTIMA EDIZIONE

 

L’espressività del bianconero fra fotografia e cinemaIl cinema e la fotografia nascono dalla stessa esigenza, quella di rendere visibile in modo stabile e “oggettivo” quanto nel nostrovedere è uno scorrere indistinto, un fluire inesorabile. Ovviamente per giungere a questo risultato occorre piegare ai propri voleri la tecnologia e relegare la soggettività a un ruolo limitato. La pittura ha, fin dai primordi dell’umanità, assolto a questo compito sviluppando strumenti sempre più sofisticati – dai bastoncini carbonizzati agli acrilici, per dire – ma dando però  molto spazio alla creatività individuale così che ogni esito era percepito e vissuto più come artistico che come realistico. Questo resta la caratteristica dell’arte ma che ne è della realtà come quotidianamente ci appare? Quando, quasi in contemporanea,  diversi inventori trovarono le soluzioni tecniche per riprendere e fissare in modo definitivo su un supporto (una lastra metallica, una di vetro, un foglio di carta) un frammento di realtà si ebbe la sensazione di potersi appropriare di una parte del mondo e di poterla conservare. Presto, perché la ricerca di novità audaci in quegli anni era frenetica, non ci si accontentò più di una immagine statica e se da un lato una prima soluzione fu il reportage, dall’altro si sviluppò la ricerca dell’immagine in movimento. Il cinema e la fotografia nascono quindi con stretti legami sia merceologici, visto che i fratelli Lumiere già producevano su larga scala lastre fotografiche e autocrome, sia culturali perché spazzavano via convenzioni radicate. Di fronte alla grande precisione dei dettagli dei  dagherrotipi, alcuni si sentivano turbati perché avevano la sensazione di essere osservati dai ritratti che avrebbero dovuto solo osservare mentre è altrettanto noto che alla proiezione del secondo film dei Lumiere, “L’arrivée d’un train en gare de La Ciotat” gli spettatori delle prime file si ritrassero avendo la sensazione di essere investiti dalla locomotiva. A proposito di stupore: è curioso notare di come venisse universalmente accettata senza problemi una nuova convenzione linguistica, quella dell’uso del bianconero che già sembrava spostare l’attenzione dalla riproduzione della realtà alla sua interpretazione. Cosa che avveniva, va notato, non come esito di una autentica consapevolezza critica ma come mera constatazione di fatto. Anche quando la ricerca ha poi permesso di sviluppare su larga scala pellicole a colori, in campo cinematografico ma soprattutto in quello fotografico si continuò a lungo a considerare più pregevole ed espressivo il bianconero. D’altra parte è innegabile che tutto il grande cinema italiano del dopoguerra, quello definito Neorealista, è stato realizzato in questo modo con una scelta tecnico-estetica condivisa ampliamente in quegli stessi anni da molti fotografi. Da questo punto di vista un ruolo importante lo ha ricoperto Ferrania che nei tempi d’oro era visitata da grandi registi e direttori della fotografia alla ricerca della migliore pellicola scelta da De Sica per “La ciociara”, da Fellini per “8 e ½” e “La dolce vita”, da Pasolini per “Il Vangelo secondo Matteo” e “Uccellacci e uccellini”, da Monicelli per “La Grande Guerra” solo per fare qualche esempio. Ma furono moltissimi i fotografi che utilizzarono la più nota di quelle emulsioni, la P30, apprezzata per la grana molto fine e per la quantità elevata di argento che consentiva di “aprire le ombre” a ampliare così le tonalità espressive. Per tutte queste ragioni, quando ci si trova di fronte alle immagini realizzate sui set cinematografici dai fotografi di scena, si ha la giusta sensazione di essere di fronte a un percorso comune, a una visione che lega in modo indissolubile il regista e l’autore che ne documenta l’opera e più in generale il mondo del cinema e quello della fotografia

    Roberto Mutti

 

Nel 1887 Edward Muybridge, fotografo, pubblicò la sua monumentale opera “Animal locomotion” di 781 tavole sul movimento animale a cui dava animazione con lo zoopraxiscopio. È così, ci dicono,”un fotografo creò il cinema…” Ma la fotografia congela il tempo! Ma può essere anche il contrario! Ne analizza invece durata e relazionalità, lo scompone: ecco Bragaglia, Marey… uno scatto… un momento prolungato all’infinito… In realtà il tempo è proprio scomponibile all’infinito. Non scoraggiamoci è differente l’utilizzazione ottico percettiva. E lo specifico dove lo mettiamo? Direi che se ne parlava e va bene così. In realtà tra le due forme espressive la soglia è minimale e l’argomento per quanto mi riguarda è abbastanza chiuso. E il dagherrotipo? Basta uno spostamento e l’immagine si dilata nella fragilità della percezione. Direi invece che uno degli archetipi sia la ”proiezione” culla involucro. Film è proiezione, fotografia pure nell’epoca della chimicità (si veda la stampa del negativo ). Ma poi andiamo a vedere il pre cinema e riflettiamoci. Le vedute ottiche venivano proiettate già nel 700 per spettacoli ed erano anche figlie dell’incisione. Ecco un altro punto l’incisione, dove c’entra la chimicità che in questo groviglio si mischia come i sogni, spazzata via dal digitale. La luce e l’ombra no, quelle restano come nella caverna di Platone… PRIMO FILM FOTOGRAFICO.

        Luigi Erba 

Cinema e fotografia sono due facce della stessa medaglia e utilizzano un linguaggio comune.
Non esisterebbe il cinema senza la fotografia, perché è da lì che è nato.Anche se ci sono differenze tecniche ed espressive tra questi due linguaggi, il campo della narrazione li unisce, e crea scambi e stimoli. Da una parte i fotografi si ispirano alle pellicole per le loro inquadrature, dall’altra i registi guardano alla fotografia, e più in generale all’arte, come fonte di ispirazione per certe scelte espressive.

Partendo da questa contaminazione, il MIF 2021 si interroga sul modo in cui due mondi possano dialogare.
I fotografi interpretano le parole del cinema, creando storie nuove; ma cogliendo anche quelle analogie tra spunti pittorici e filmici, e immortalandoli in nuovi scatti.

Il MIF 2021 si presenta, ancora una volta, come un luogo di sperimentazione, di sinergie, di esposizioni e di valorizzazione dell’arte fotografica e come ricerca tecnica ed espressiva per essere lo specchio della realtà che ci circonda.

        Arianna Mancini Direttrice Artistica di M.I.F.